venerdì 3 settembre 2010

Chucho Valdés

Jesùs Dionisio Valdés, meglio conosciuto come Chucho Valdés (Quivicán, 9 ottobre 1941), è un pianista, compositore e arrangiatore cubano. Egli è uno dei più famosi musicisti cubani di jazz.
Valdés proviene da una famiglia di pianisti: in particolare il padre, Ramon Bebo, ha vinto un Grammy Award nel 2003 insieme a Israele "Cachao" López e Patato Valdés, ed un altro, nel 2005, insieme al cantante di flamenco Diego El Cigala.
Chucho suona il pianoforte dall'età di tre anni e sino ai sei viene costantemente seguito dai genitori; dopo, fino a nove anni, prende lezioni dal maestro Oscar M. Bouffartique e nel 1950, grazie al superamento dell'esame di ammissione, accede al Conservatorio di L'Avana. Da adolescente suona in alcune band della città dirette dal padre e a sedici anni entra a far parte dell'Orquesta de Musica Moderna sotto la direzione di Armondo Romeu. In quel periodo Valdés risente delle influenze musicali dell'amato cantante afro-cubano Benny Moré e del grande pianista e compositore cubano Ernesto Lecuona.
Dal 1963 ha suonato con Arturo Sandoval e Paquito D'Rivera con i quali, nel 1967, ha fondato l'Orquestra Cubana de Musica Moderna e, nel 1973, il gruppo Irakere (termine Yoruba che significa "foresta"), accreditato come la più importante orchestra jazz cubana.
Nel 1978 ha partecipato al Montreux Jazz Festival e al Newport Jazz Festival. Dopo aver firmato un contratto con la Blue Note Records Valdés ha concentrato le sue energie lavorando in diversi progetti con trii, quartetti oppure da solista. Ha lavorato, inoltre, con Roy Hargrove.
Chucho ha vinto cinque Grammy Awards: uno nel 1978 per l'album Live at Newport by Irakere, il secondo nel 1998 per il suo contributo al CD Havana della band Crisol (formata nel 1997), il terzo ed il quarto con due canzoni, rispettivamente "Mr. Bruce" e "Mambo para Roy" ed il quinto, nel 2003, per il suo album "Live at the Village Vanguard".
Considerato da molti critici il più importante musicista della Cuba post-rivoluzionaria, Valdes, continua a rimanere in prima linea tra gli artisti che sperimentano nuove sonorità attraverso la fusione di elementi afro, afro-cubani e afro-latini col jazz afro-americano. Tra le sue influenze musicisti egli cita artisti jazz americani come Art Tatum, Duke Ellington, Erroll Garner, Bud Powell, Dizzy Gillespie, Hank Jones, Bill Evans, e McCoy Tyner. Tuttora continua ad esplorare nuovi territori musicali, spesso accompagnato nelle sue performance dalla sorella cantante Mayra Caridad Valdés.
E' cittadino onorario di Ponce (Porto Rico), Los Angeles, San Francisco, New Orleans e Madison (U.S.A.).

http://it.wikipedia.org/wiki/Chucho_Vald%C3%A9s



Bobby Hutcherson

Bobby Hutcherson (Los Angeles, 27 gennaio 1941) è un vibrafonista statunitense.

Terzo dei grandi vibrafonisti "epocali" dopo Lionel Hampton e Milt Jackson, Bobby Hutcherson si è affermato nella prima metà degli anni Sessanta, ridefinendo, fra hard bop e free jazz, il ruolo del vibrafono nel jazz. Dopo aver cominciato suonando il pianoforte, rimase folgorato dall'ascolto di un disco di Milt Jackson e decise si passare al vibrafono. Prese alcune lezioni da Dave Pike e si unì quindi al saxofonista Charles Lloyd. Nel 1960 entrò nel gruppo di Al Grey e Billy Mitchell, che nel 1961 fu scritturato al famoso jazz club di New York Birdland. Hutcherson decise di restare a New York e ben presto suonò e registrò con musicisti importanti quali Hank Mobley, Herbie Hancock, Al Green, Jackie McLean e altri. Cominciò in questo periodo a incidere come sideman per la Blue Note suonando fra l'altro in due dischi importanti : One Step Beyond (1963) di McLean e Out To Lunch (1964) di Eric Dolphy. Nello stesso anno vinse il referendum della rivista jazz "Down Beat". Il turno suo primo disco da leader, Dialogue (1965), fu un successo di critica. Altri ne seguirono, molto apprezzati dalla critica, meno dal pubblico. Nel 1967 ritornò a Los Angeles e formò un suo quintetto che però non avrà molto successo. Dalla metà degli anni anni Ottanta è di nuovo in pista e registra con la Landmark, poi con la Verve in uno stile mainstream apprezzabile e virtuosistico ma lontano dai livelli dei suoi dischi dei primi anni anni Sessanta.